Traffico di cuccioli, rapimenti di cani e gatti: Aumentano i crimini contro gli animali secondo l’ultimo rapporto Zoomafia della Lega antivivisezione. La piaga dei combattimenti e delle corse clandestine. Ma non solo!
Bracconaggio, combattimenti clandestini, corse illegali di cavalli, traffico di cuccioli. È un quadro a tinte fosche quello dipinto dalla Lega anti vivisezione (Lav) nel Rapporto Zoomafia 2018, l’indagine che ogni anno mette in luce i maltrattamenti e gli abusi subiti dagli animali in Italia. Ad allarmare è la crescita del fenomeno: nel 2017 i procedimenti segnano un +3,7% sull’anno precedente. «I crimini – spiega Ciro Troiano, criminologo responsabile dell’Osservatorio Zoomafia – sono in aumento rispetto al totale dei reati commessi in Italia, che hanno registrato invece una flessione del 10%: è chiara la controtendenza».
Per dare un’idea dell’emergenza l’Osservatorio stima che nel 2017 sia stato aperto un fascicolo per reati a danno di animali ogni 55 minuti e una persona sia stata indagata ogni ora e mezza. L’analisi, condotta grazie alla collaborazione delle Procure italiane, ha permesso di analizzare oltre 8.500 fascicoli e di scoprire così quali sono i reati più diffusi. In cima troviamo il maltrattamento degli animali che interessa il 31,19% dei procedimenti. Seguono l’uccisione (30,9%), i reati di caccia (17,1%, in crescita rispetto al 2016 con un +6,8%) e l’abbandono e la detenzione di animali in condizioni incompatibili con la loro natura (14,6%). In coda alla classifica invece l’uccisione di animali altrui, il traffico di cuccioli, in aumento del 10%, l’organizzazione di combattimenti e competizioni non autorizzate e gli spettacoli vietati.
Il problema però è che non si tratta di casi isolati, sempre più spesso i reati sono di natura associativa. Il che significa mafia, ‘ndrangheta, camorra. I «settori di attività», per così dire, sono molteplici: ci sono i combattimenti tra cani e le corse di cavalli con il loro giro di scommesse, c’è la gestione dei canili e c’è la vendita illegale a cui si aggiungono le macellazioni clandestine e l’uso degli animali per lo spaccio di droga. Sono però i combattimenti a preoccupare gli inquirenti, sia per i numeri del fenomeno sia per la loro trasversalità. Coinvolgono infatti soggetti diversi: dai delinquenti locali, agli allevatori abusivi fino a trafficanti di cani cosiddetti «da presa». In merito i giudici, si legge nel report, «hanno accertato il coinvolgimento di elementi appartenenti alla camorra, alla sacra corona unita, al clan Giostra di Messina e ad alcune ‘ndrine». Tra i segnali di ripresa del fenomeno il ritrovamento di cani con cicatrici riconducibili alle lotte, furti e rapimenti di cani di grossa taglia, sequestri di allevamenti di pit bull e il moltiplicarsi di pagine Facebook dedicate agli scontri. Non va meglio se si pensa ai cavalli. Solo nel 2017 ci sono stati 15 interventi delle forze dell’ordine, 6 corse clandestine bloccate e 82 persone denunciate. Per non parlare del traffico di cuccioli. Un vero e proprio business che movimenta circa 300 milioni di euro all’anno. In genere si tratta di cani di pochi mesi provenienti dall’Est Europa che vengono acquistati a circa 60 euro e rivenduti a prezzi fino a venti volte superiori una volta “taroccata” la loro origine da Est europea a italiana.
Secondo la Polizia Giudiziaria solo negli anni 2015 e 2016 sono stati sequestrati 964 cani e 86 gatti dal valore complessivo di 717.800 euro. Tra i denunciati: russi, ungheresi, bulgari, serbi, moldavi, ucraini, slovacchi, rumeni e, ovviamente, italiani. «Si conferma – sottolinea Troiano – la capacità penetrante della criminalità organizzata in settori diversi ma accomunati dal coinvolgimento di animali. Interessi che si intrecciano con le più tradizionali attività manipolatorie e pervasive come la corruzione, la connivenza con apparati pubblici infedeli, il turbare gli appalti e il controllo delle attività illegali sul territorio».
Lav mette poi in guardia i proprietari rispetto al furto di cani, fenomeno in aumento negli ultimi anni. «Il più delle volte – prosegue Troiano – gli animali vengono rubati per il loro valore economico e finiscono poi sul mercato nero o usati come riproduttori». Nel mirino gli esemplari di razza con pedigree importanti, campioni di bellezza o campioni di caccia ma anche cani di piccola taglia. «A questi si aggiungono i cani venduti tramite Internet e canali non ufficiali, come allevatori abusivi o privati che mettono annunci». E in questi casi, vale la pena ricordarlo, c’è una forte responsabilità anche di chi acquista senza farsi domande sulla provenienza dei quattrozampe.
Fonte: Corriere.it